La sorte del Maradona: Napoli 2026, Capitale dello Sport o del Calcio soltanto?

Cronaca di un’audizione e di un futuro incerto per lo stadio simbolo di Fuorigrotta

Di Peppe Sacco

 

 

 

Napoli – C’è un paradosso che rischia di esplodere proprio nel cuore di Fuorigrotta, mentre la città si prepara a diventare “Capitale dello Sport 2026”. Il progetto del nuovo stadio Diego Armando Maradona, presentato dal Comune di Napoli come una svolta verso la modernità e la sostenibilità, porta con sé un’ombra lunga: quella della possibile eliminazione della pista di atletica e degli spazi polisportivi sottostanti, cuore pulsante di un intero quartiere e casa di migliaia di sportivi. Giovedì 6 novembre, nella Commissione Comunale Sport presieduta dal consigliere Gennaro Esposito, si è tenuta un’audizione molto partecipata. In sala, i presidenti delle associazioni e delle federazioni che da anni operano all’interno dello stadio — un microcosmo che conta oltre 10.000 tra atleti, tecnici e addetti ai lavori, distribuiti in più di 20 discipline diverse.

Un masterplan ambizioso ma divisivo

Il Comune ha illustrato il masterplan del nuovo Maradona, un progetto da 200 milioni di euro finanziati dalla Regione Campania in vista degli Europei di calcio 2032. Il piano prevede il rifacimento dell’anello inferiore, l’ampliamento della capienza e la creazione di nuovi spazi commerciali e museali dedicati a Diego Armando Maradona.
L’assessore ai Lavori pubblici Edgardo Cosenza ha assicurato che lo stadio diventerà una struttura “green e antisismica”, con pannelli solari e sistemi di raccolta dell’acqua piovana.
Ma tra i corridoi e le palestre dello stadio, le parole che risuonano sono altre: preoccupazione, incertezza, timore di essere esclusi.

“Non si può cancellare la storia dell’atletica napoletana”

Tra gli interventi più significativi, quello di Bruno Fabozzi, presidente FIDAL Campania:

“L’incontro è stato di grande importanza perché finalmente abbiamo potuto rappresentare le nostre preoccupazioni. Lo Stadio Maradona non è solo un impianto calcistico, ma un punto di riferimento per tutto il Mezzogiorno nel settore dell’atletica leggera. Se si dovesse procedere alla rimozione della pista, chiediamo che venga realizzato un nuovo impianto dedicato, con pari caratteristiche tecniche e funzionali. Non possiamo interrompere la storia di un movimento sportivo che coinvolge intere generazioni.”

Sulla stessa linea Carlo Cantales, consigliere nazionale FIDAL, che ha ricordato come la pista del Maradona, ex San Paolo, rappresenti una vera e propria istituzione:

“Da quindici anni difendiamo questo spazio. Qui convivono armoniosamente sport diversi: mentre un ragazzo corre in pista, un genitore pratica ginnastica nelle palestre sottostanti. Eliminare la pista significherebbe mutilare una comunità intera, in un quartiere di oltre 60 mila abitanti che vive di sport.”

“Napoli Capitale dello Sport non può rinnegare lo sport praticato”

Parole dure anche da Francesco Gabriele, presidente del Polo Sportivo del Meridione:

“Non si può pensare di fare di Napoli la Capitale dello Sport eliminando l’unico impianto pubblico davvero polisportivo. Sarebbe un autogol. Lo Stadio Maradona è un bene comune che produce valore economico, sociale e culturale. Urge un incontro con il Sindaco e il Consiglio comunale per far prendere atto della realtà sportiva ed economica che vive dentro quelle mura.”

Il nodo della gestione ai privati

Sul tavolo resta anche il tema della gestione dell’impianto, che potrebbe passare in mano a un soggetto privato. Una prospettiva che inquieta chi teme che il “nuovo Maradona” finisca per diventare una cattedrale del calcio, chiusa alla cittadinanza e agli sport di base.
Durante la rassegna del TGR Campania a cura di Francesca Ghidini, più voci hanno chiesto trasparenza e garanzie per le associazioni che operano nello stadio, ricordando che il Maradona “resta pur sempre un bene comune”.

Una scelta di visione: sport per pochi o sport per tutti?

Il caso del Maradona va oltre l’architettura o la logistica: tocca una scelta di modello di città.
Napoli vuole essere capitale dello sport “praticato”, accessibile, o capitale dello “sport-spettacolo” da guardare in tribuna?
Nel 2019 l’impianto ospitò l’Universiade, dimostrando che coesistenza e multifunzionalità sono possibili. Oggi, a distanza di pochi anni, quella lezione sembra già messa in discussione.

L’appello finale

Dall’audizione emerge un appello unanime: aprire un tavolo permanente tra istituzioni, federazioni e cittadini, per evitare che il rinnovamento diventi esclusione.
Perché la vera “sorte del Maradona” non si gioca solo nei cantieri, ma nella capacità della città di riconoscere il valore sociale dello sport.
E perché — come ricordano gli sportivi di Fuorigrotta — “Napoli 2026 non può essere capitale dello sport se dimentica